Ascolta qui: Track and Field di Giovanni Bomoll
«Nei suoi Sermoni, Antonio di Padova parla della preghiera come di
un rapporto di amore, che spinge l’uomo a colloquiare dolcemente con il
Signore, creando una gioia ineffabile, che soavemente avvolge l’anima in
orazione. Antonio ci ricorda che la preghiera ha bisogno di un’atmosfera di silenzio
che non coincide con il distacco dal rumore esterno, ma è esperienza interiore,
che mira a rimuovere le distrazioni provocate dalle preoccupazioni dell’anima,
creando il silenzio nell’anima stessa. Secondo l’insegnamento di questo insigne
Dottore francescano, la preghiera è articolata in quattro atteggiamenti,
indispensabili, che, nel latino di Antonio, sono definiti così: obsecratio, oratio, postulatio, gratiarum actio. Potremmo
tradurli nel modo seguente: aprire fiduciosamente il proprio cuore a Dio;
questo è il primo passo del pregare, non semplicemente cogliere una parola, ma
aprire il cuore alla presenza di Dio; poi colloquiare affettuosamente con Lui,
vedendolo presente con me; e poi – cosa molto naturale - presentargli i nostri
bisogni; infine lodarlo e ringraziarlo. In questo insegnamento di sant’Antonio
sulla preghiera cogliamo uno dei tratti specifici della teologia francescana,
di cui egli è stato l’iniziatore, cioè il ruolo assegnato all’amore divino, che
entra nella sfera degli affetti, della volontà, del cuore, e che è anche la
sorgente da cui sgorga una conoscenza spirituale, che sorpassa ogni conoscenza.
Infatti, amando, conosciamo.
Scrive ancora Antonio: “La carità è l’anima della fede, la rende
viva; senza l’amore, la fede muore” (Sermones Dominicales et Festivi II).
Soltanto un’anima che prega può compiere progressi nella vita
spirituale: è questo l’oggetto privilegiato della predicazione di sant’Antonio.
Egli conosce bene i difetti della natura umana, la nostra tendenza a cadere nel
peccato, per cui esorta continuamente a combattere l’inclinazione all’avidità,
all’orgoglio, all’impurità, e a praticare invece le virtù della povertà e della
generosità, dell’umiltà e dell’obbedienza, della castità e della purezza. Agli
inizi del XIII secolo, nel contesto della rinascita delle città e del fiorire
del commercio, cresceva il numero di persone insensibili alle necessità dei
poveri. Per tale motivo, Antonio più volte invita i fedeli a pensare alla vera
ricchezza, quella del cuore, che rendendo buoni e misericordiosi, fa accumulare
tesori per il Cielo. “O ricchi - così egli esorta - fatevi amici… i poveri,
accoglieteli nelle vostre case: saranno poi essi, i poveri, ad accogliervi
negli eterni tabernacoli, dove c’è la bellezza della pace, la fiducia della
sicurezza, e l’opulenta quiete dell’eterna sazietà”».
dall’Udienza Generale, 10 febbraio 2010, di Benedetto XVI
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